venerdì 15 giugno 2018

Un’app per riflettere


Un'app per riflettere, narrazione di Mimmo Parisi


Molti sono convinti che la libertà o la giustizia, debbano giungere da qualche parte. Stanno lì ad attendere. Pensano di essere persone giuste in mezzo ad altri milioni di persone giuste. Vorrebbero, quindi, essere riconosciuti come ‘uguali’. Ma l’eguaglianza, la giustizia e la libertà non le passano la mutua. Se le vuoi te le devi prendere. E, prima di agire, bisognerebbe fermarsi un attimo: per riflettere, per avanzare un dubbio. Ci vorrebbe un’app per superare il gap.
I due ragazzi guardavano lontano. Appoggiati alla grossa pianta di fiori ospitata in un grosso vaso parlavano di un grosso futuro. I viaggiatori uscivano ed entravano come mosche affamate di miele.
– Be’, di sicuro il sud questa volta non ha da lamentarsi: se il colosso di Cupertino, Apple, ha deciso di aprire la Developer Academy a Napoli è, per loro napoletani, una grande occasione!
– E lo è anche per noi. Pazienza se da Milano dobbiamo spostarci nella città di Partenope.
– Già. Mi è costato salutare Barbara. Aveva le lacrime agli occhi, tuttavia, io mi sento un inventore di app. E la scuola più accreditata in Italia dove imparare e inventare programmi, applicazioni, interfacce grafiche, etc, è il centro napoletano. Gliel’ho detto alla mia ragazza…
– È stato lo stesso per me, con Mina. Non riuscivo a convincerla della bontà della mia scelta.
– Con Mina, ma è la tua gattina!
– E allora?
– Dai, io parlavo di Barbara. Non puoi pensare che siano la stessa cosa!
Si zittirono per pochi secondi. Poi il casus belli 'Barbara versus Mina' fu abbandonato fra le onde del non chiarito.
– Carlo, dimmi la verità: tu ci avresti pensato a un’app che ti metta in contatto con Mina, in qualsiasi momento e con qualunque tempo?
– Con Mina? E cosa pensi potessi farmene di un aggeggio del genere: io ho Barbara!
– Ma funzionerebbe anche con lei… Comunque, io ce l’ho quel progetto. E non vedo l’ora di svilupparlo. Napoli, Developer Academy aspettatemi a braccia aperte. Inventerò tante di quelle app, app…ena arrivo!
L’uomo ascoltò divertito il discorso dei due ragazzi che avevano alle spalle la Lombardia e negli occhi la Campania: il loro paradiso scolastico. A parte il fatto che per collegarsi con Barbara non ci fosse bisogno di inventare niente, visto che già da un bel po’ di anni esiste il cellulare, concluse che, comunque, fosse stupendo ascoltare l’entusiasmo che traboccava dalle parole dei due giovani.
Si erano fermati, lui e il camionista che gli aveva dato un passaggio, per una pisciata. Mentre l’autista si dirigeva ai bagni e i due ragazzi continuavano a discutere di informatica, lui entrò con calma nel bar dell’autogrill. Non aveva fatto lo scontrino.
L’uomo fece per dire qualcosa, ma il barman lo consigliò:
– Ascolti,  prima di ordinare sarà meglio che faccia lo scontrino alla cass…
Smise subito. Quel tipo che era entrato gli stava indicando qualcosa di preciso alle sue spalle.
“Cazzo, è già qui. Lo aspettavamo per stasera, ma lui è già qui!”, pensò.
 – Ah, mi scusi. Non avevo capito. Venga – disse cerimonioso il barista.
Lui, lì dentro, era il lavorante più anziano. Si tolse il grembiule da barista e avvisò un collega che ramazzava con poca convinzione il pavimento, che si sarebbe dedicato a fare da guida.
L’avventore fu portato nell’ufficio del responsabile dell’autogrill. Dentro non c’era nessuno. Il posto non era male. Il mobilio era ridotto all’osso. Sicuramente l’allestitore era stato di vedute moderne. Di quelli che pensano che lo spazio vada salvaguardato, perché arreda. Molti non lo capiscono e continuano, anche negli ambienti lavorativi, a stiparli di cose.
Fu invitato a sedersi. Lui, si guardò intorno. Restò in piedi. Poi guardò fuori: arrivavano continuamente automobili colme di gente diretta verso le vacanze. Qualche tir, come un galeone in mezzo alle barche, pisolava sotto il caldo di agosto. Era un caldo, un’afa che non ci si stava. Il tipo finalmente si sedette.
– Non lì. Vuole scherzare? – disse con un mezzo sorriso il suo accompagnatore.
Si era seduto sulla sedia di fronte alla scrivania del ‘comando’.
Non si alzò. Osservò il muro alla destra della scrivania del ‘comando’. C’era una riproduzione di Caravaggio. Guardò di nuovo fuori, al di là del vetro dell’ufficio del ‘comando’. L’asfalto era mosso dal tremolio della calura.
– ‘Dar da bere agli assetati…’ – commentò ritornando con lo sguardo al dipinto.
– Lei è un poeta, più che assetati, quelli là fuori sono dei dromedari che si son persi nel deserto dell’A14 – sghignazzò il lavorante.
Il tipo ritornò al muro. Ritornò al quadro:
 – ‘Le sette opere di misericordia corporali’: una parte del dipinto è ‘Dar da bere agli assetati’. Io la trovo veramente centrata: è un quadro che si attaglierebbe perfettamente a un’auto grill. Anche se, ai tempi di Michelangelo, gli autogrill erano rappresentati da osterie, spesso, frequentate da briganti.
– E c’erano già le auto? – chiese il lavorante spiazzato dalla piega che stava prendendo il discorso.
– Be’, no. Che c’entra? Ah, ho capito. Lei pensava al nome, ‘autogrill’. Giustissimo. Ma, all’epoca, immagino che funzionassero i ‘cavallogrill’ – disse ridendo.
– Ah, però. E come facevano ad andare d’accordo i due animali?
– I due animali?
– Sì. Insomma, il cavallo col grillo.
Il tipo guardò con attenzione il suo interlocutore. Fuori continuava il caldo di agosto.
– Comunque, non è un quadro vero. È una copia – aggiunse il lavorante.
– Ah. Lo credo bene: quello autentico si trova al Pio Monte della Misericordia, a Napoli. Misura 390 per 260 centimetri. Non ci starebbe nemmeno qui dentro.
Il lavorante guardò il soffitto. Guardò bene l’entrata e la vetrata che dava sul parcheggio delle macchine. Quindi, si risolse:
– E se sfondassimo il soffitto, ma solo dalla parte del muro, di un buon metro ci starebbe, vero?
Il tipo riguardò fuori. Eppure il caldo non sembrava passare attraverso il vetro spesso dell’ufficio. C’era l’aria condizionata a palla lì dentro.
– Be’, col soffitto sfondato ci entrerebbe di sicuro – aggiunse sconsolato.
– E così, Michelangelo oltre alla Pietà, ha fatto pure ‘sto quadro…– realizzò il lavorante che sembrava vedere per la prima volta quella riproduzione appesa al muro.
– No. Non quel Michelangelo: qui si tratta di Michelangelo Merisi, il pittore nato a Caravaggio.
Dopo l’ennesima insistenza, l’ospite si sedette al posto di ‘comando’. C’era una radiolina da tavolo.
– Posso accenderla? – chiese.
– Può? Deve. Se ne ha voglia, ovviamente.
L’accese. Il giornale radio parlava di politica:
“Alcuni osservatori politici, hanno ribadito, che in estate e spesso, i parlamentari si auto aumentano gli emolumenti. Un modo di operare discutibile e che impera a destra e a sinistra… ammesso che quest’ultima esista ancora. La gente, occupata dalle preparazioni vacanziere, viene a conoscenza del ‘lieto evento’ a cose fatte. Magari a settembre o ottobre inoltrato. Quando tutto è diventato legge. E la legge, una volta approvata…”
– Incredibile. Ma chi è che ha deciso che i politici debbano prendere stipendi da califfo? – chiese retoricamente il tipo seduto dietro la scrivania del ‘comando’.
– Per quel che ne sappia io, lo stipendio alto è legato alla laurea, alla responsabilità, alla…
Il lavorante cercava di dare una risposta.
– La laurea, la responsabilità, l’integrità morale, lo spirito civile, l’affidabilità, il merito… Esattamente tutte le caratteristiche dei mega delinquenti!
Il tipo aggiunse la correzione senza sbattere il pugno sul tavolo. Ma il tono era quello.
– Ma, come…?
– Lo scandalo Mose, l’Expo di Milano, Mafia Capitale, solo per citare alcuni scandali che hanno fatto furore negli ultimi anni:  lei ci trova un ciabattino, un panettiere, un salumiere… idraulico, che c’entrino qualcosa?
– No.
– Invece, tutti quelli invischiati non sono forse laureati, responsabilizzati e tutto quello che vuole?
– Indubbiamente, sì.
Il barista iniziò a dubitare di tutto quel che ascoltava per radio o tv durante la chiusura del locale: “Forse sto troppo tempo a passare lo straccio sul pavimento…”, pensò scoraggiato.
La radio, intanto continuava a dar notizie:
“L’onorevole, davanti alla commissione e al rettore, ha dichiarato di essere felice di occuparsi dei cittadini. La laurea honoris causa che l’università gli ha conferito, ha concluso…”
Il barman intervenne:
– Be’, sembra sincero. Ha dichiarato di essere felice di occuparsi dei cittadini.
Il tipo mise una mano in tasca. Tirò fuori un’armonica a bocca. Si mise a suonare un vecchio blues. Le note si diffusero nell’aria dell’ufficio mentre lo speaker della radio continuava la sua informazione.
Poi si rimise lo strumento in tasca. Chiese:
– Come era il brano?
– Bello… io non sono un intenditore. Tuttavia era una buona musica.
– E io come le sono sembrato?
– Lei sembrava… felice. Ecco, mi sembrava proprio felice.
– Le ho chiesto niente. Ho chiesto niente a nessuno? Soldi, attenzione, privilegi… Sconti, etc.?
Il barista lo guardò incuriosito. Ma rispose:
– Non capisco dove voglia arrivare, comunque no, lei non ha chiesto niente di niente. A nessuno. Né, tantomeno a me.
– Lei ci ha preso in pieno. Io amo la mia armonica. Sono felice quando la suono. Sono felice quando imparo una nuova canzone del Delta del Mississipi: mi sembra di alleviare le schiene dei raccoglitori di cotone…
– E io sono felice per lei… – aggiunse disorientato l’interlocutore.
– Mi dica, secondo il suo parere, quel parlamentare che ha dichiarato di essere felice nell’occuparsi dei cittadini, sarebbe ‘felice’ anche se guadagnasse come un operaio?
 – Un operaio? Be’ non esageriamo. Non credo possa essere giusto, sa, c’è di mezzo la laurea…
– …La responsabilità, il merito, ho capito – commentò l'avventore alzandosi e avviandosi verso l’uscita.
– Ma scusi, dove va? – chiese impreparato il lavorante.
– Vado a comprarmi i biscotti.
Scesero tutti e due e si avviarono verso il bancone del bar.
Il barista era frastornato. Il tipo si fermò e indicò un punto dietro il banco:
– Accidenti, non ce ne sono più!
Abbassò il dito e disse al suo accompagnatore:
– Son finiti i biscotti che volevo comprare.
Infatti, le ultime tre confezioni rimaste erano state vendute mentre loro due discutevano nell’ufficio del ‘comando’.
A fianco del desolato spazio senza biscotti vi era affisso, con del nastro adesivo, un cartello:
‘Avviso per il personale. Alle 18 di oggi ci sarà l’incontro con il nuovo responsabile dell’autogrill.’
“Cazzo… Questo qua voleva solo dei biscotti! Io ho pensato indicasse il cartello”, pensò il barista accompagnatore.
Dall’uscita del bagno dell’autogrill una voce raggiunse il tipo:
– Allora mister, che fai, vuoi un altro passaggio o resti qua? – chiese il camionista.
– No, aspettami arrivo. Qui non c’è niente per me. Né biscotti, né lavoro. Volevo chiedere se avessero bisogno di un lavapiatti. Ma, non credo: mi hanno offerto solo un posto di ‘comando’, e io, non sono ‘felice’ nei posti di comando.
Estrasse la sua armonica a bocca e usci suonando un altro vecchio blues. Non lo cagò nessuno, se non qualche bimbo che si incuriosì a quel suono che veniva da lontano e andava lontano.
Fuori, sotto il sole che non accennava a tranquillizzarsi, i due ragazzi si stavano avviando alla loro auto. Discutevano ancora animatamente di app e startup. L’uomo con l’armonica si avvicinò e disse:
– I miei più vivi complimenti per il vostro futuro di studenti e inventori… se vorreste accettare un consiglio, non avrei niente da obiettare nel darvelo. Vabbe’, si tratta di questo: se vi riesce costruite un’app per riflettere, visto che nessuno lo fa più. Buona giornata e salutatemi i docenti della Developer Academy.

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